Privatizzazione Poste Italiane s.p.a.

27 Gennaio 2014

PRIVATIZZAZIONE POSTE: MA CHI L’HA DETTO?

Da quando il Governo ha deciso di cedere quote di minoranza di Poste Italiane, e di altre aziende, tutti i mezzi di comunicazione, per semplificazione di linguaggio, hanno cominciato a parlare di “privatizzazione”. E tutti i pappagalli replicanti ora parlano di privatizzazione!! Una azienda si privatizza quando si cedono le quote di maggioranza e di controllo dell’azienda stessa, cosa che non accadrà con Poste il cui controllo resta nelle mani dello Stato con il 60 per cento della proprietà.

 Sull’argomento si stanno sviluppando anche riflessioni ideologiche come accadeva ai tempi dei “padroni” e delle “masse operaie” di ottocentesca memoria, ma quasi nessuno racconta al popolo postale perchè questa soluzione è migliore di tante altre che avrebbero messo a rischio, davvero, la sopravvivenza di Poste Italiane.

 Il “padrone” delle Poste è uno Stato fortemente indebitato e quindi alla ricerca disperata di risorse per far fronte alle emergenze del paese. Per queste ragioni si è parlato, ciclicamente, della vendita del Bancoposta o della vendita del patrimonio immobiliare di Poste o, cosa ancor più pericolosa discussa dal governo a dicembre, della vendita di Poste Vita. Tutti sappiamo, anche noi contadini, che qualunque di quelle tre scelte avrebbero decretato la morte di Poste Italiane che riesce a sopravvivere solo grazie alla sua unicità e alla sua sussidiarità incrociata tra i diversi settori dell’azienda. Tutto il resto è da bar dello sport!

Anche noi critichiamo severamente alcune passate privatizzazioni che hanno regalato ad “amici degli amici” aziende importanti come Telecom e quindi seguiamo con attenzione le scelte dell’Esecutivo.

Il decreto del Governo va nella giusta direzione per alcuni buoni e semplici motivi:

1)    Viene messa sul mercato una quota di minoranza di Poste Italiane indivisa;

2)     Le quote vengono offerte ai risparmiatori oltre che agli investitori istituzionali;

3)     Una quota (noi insistiamo per il 5%) viene offerta ai dipendenti postali;

L’operazione è solo agli inizi e durerà alcuni mesi durante i quali, siamo certi, il sindacato avrà un ruolo importante nella discussione. La nostra posizione è che le quote vadano distribuite ad una platea la più ampia possibile per evitare pericolose concentrazioni di quote a pochi soggetti. Le quote importanti offerte ai dipendenti postali debbono essere gratuite e indivise in modo tale che anche i lavoratori-azionisti (e non i sindacati) possano esprimere la loro rappresentanza negli organi societari al pari degli altri azionisti e partecipare agli utili d’impresa. Così funziona in altri paesi ed è questa la strada che indica l’Unione Europea per aprire le aziende alla democrazia economica.

Noi faremo la nostra parte per difendere, come sempre, Poste Italiane e la sua unicità a garanzia della difesa dei posti di lavoro dei 140 mila dipendenti della più grande azienda del paese.

 

LA SEGRETERIA NAZIONALE SLP-CISL

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MARIO PETITTO

SEGRETARIO GENERALE

Dopo aver evitato il fallimento di Alitalia (con l’ingresso nel capitale della ex società di bandiera) Poste Italiane va verso la privatizzazione.

Il governo sta accelerando e Poste dovrebbe sbarcare in borsa con una quota massima del 40% entro la fine del 2014: il 5% dovrebbe essere riservato in modo gratuito ai circa 140mila dipendenti.

Tali indiscrezioni sono riportate stamattina dal Corriere della Sera secondo cui la cessione di quote potrebbe avvenire appunto prima della fine dell’anno sempre che le condizioni di mercato siano favorevoli.

In particolare si starebbe mettendo la quinta per definire la parte regolatoria e il contratto di programma, che potrebbe essere allungato dai 3 anni attuali a 5 anni.

Il coinvolgimento dei lavoratori nel processo di privatizzazione è ritenuto essenziale dal premier Enrico Letta che così trova facilmente anche il sì dei sindacati, anche se la questione della governance delle Poste post privatizzazione è ancora da affrontare in tutte le sue sfaccettature.

Rimane per ora ferma l’ipotesi che la metà della quota ceduta da Poste Italiane finirà nelle mani di investitori istituzionali, il resto sarà offerto sul mercato.

Dichiarazioni del Segretario Nazionale sulla privatizzazione:

intervista Avvenire a Mario Petitto

Adnkronos poste dichiarazione Petitto

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Poste italiane, i tre punti del piano per la privatizzazione

Il governo spinge l’acceleratore sul progetto che prevede il collocamento del 30 – 40% del gruppo. Dalla vendita si punta a ricavare 5 miliardi

Annunciato i primi giorni di dicembre dal premier Enrico Letta, il piano per la privatizzazione di Poste Italiane sarà avviato entro l’inizio dell’estate.

Il governo ha deciso di spingere l’acceleratore con l’obiettivo di ricavare dalla vendita di una quota di minoranza del gruppo almeno 5 miliardi di euro.

Giovedì 9 dicembre si è tenuto in merito un vertice a Palazzo Chigi per mettere a punto una road map e fare in modo che la società possa presentarsi al mercato entro la fine dell’anno, replicando quanto hanno già fatto gli operatori postali di Germania, Olanda eRegno Unito, che sono stati privatizzati con un’offerta pubblica di vendita.

Il 40% del capitale sul mercato
Sul mercato, tramite Ipo, sarà collocata una quota di minoranza pari al 30 – 40%.

L’operazione, come riportano alcune indiscrezioni divulgate dalle agenzie di stampa, dovrebbe partire entro luglio. Lo schema, inoltre, prevede di riservare la fetta maggiore del capitale sul mercato (50 – 60%) a investitori istituzionali.

I dipendenti diventano soci
Una piccola quota, compresa tra il 2 e il 5%, sarà destinata invece ai dipendenti, a titolo gratuito, mentre il resto sarà venduto alla clientela retail attraverso i 14.000 uffici sparsi in Italia.

Sul mercato non finiranno le controllate (si era parlato di BancoPosta negli scorsi mesi), ma la capogruppo, forte dei suoi 24 miliardi di ricavi e un utile 2012 di 1 miliardo di euro. La valutazione della holding è stimata da 10 a 12 miliardi di euro.

L’accordo con Cassa depositi e prestiti
Per rendere più appetibile la società agli investitori, si punta anche a migliorare la profittabilità della società, con un occhio al servizio universale per le comunicazioni postali e alla convenzione con Cassa depositi e prestiti.

In vista di una Ipo, il governo dovrà delineare i contenuti di entrambe le intese, che pesano e non poco sul bilancio, visto che i numeri del gruppo finiranno sotto i riflettori nei prossimi mesi.

La principale voce di raccolta della Cdp, infatti, è costituita dalla gestione di una parte consistente del risparmio nazionale, il risparmio postale (buoni fruttiferi e libretti), che è collocato in esclusiva da Poste Italiane.

E la raccolta del risparmio postale rappresenta a sua volta una delle principali entrate per il gruppo guidato dall’a.d. Massimo Sarmi, che rinnova ogni anno la convenzione con Cdp.

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